A sorpresa ci sarà Europa Investimenti (gruppo Arrow Global) ad accompagnare SECI nel suo piano di concordatario. Venerdì 14 maggio, infatti, una nota della holding della famiglia Maccaferri, diffusa dopo la riunione del Consiglio di amministrazione, ha rivelato che domani 18 maggio, all’udienza fissata al Tribunale di Bologna, la società depositerà un piano di concordato preventivo in continuità in versione modificata rispetto a quello depositato a febbraio in cui prospettava di andare avanti da sola (si veda altro articolo di BeBeez) e che prevede appunto il supporto del partner finanziario Europa Investimenti.
Sul tavolo del Cda di SECI, come noto, era arrivata anche una proposta di Apollo Global Management, che offriva 215 milioni di euro da versarsi subito a saldo del 100% di tutti i crediti senior (compresi i bond) e del 15% dei crediti chirografari (si veda altro articolo di BeBeez). Mentre era arrivata, inattesa, anche un’offerta di Taconic Capital, che già lo scorso anno aveva proposto un finanziamento da 90 milioni di euro per pagare in parte i creditori e soprattutto per rimborsare in parte il bond da 90 milioni di euro emesso nel febbraio 2019 dalla stessa SECI. Ma le trattative erano finite con un nulla di fatto (si veda altro articolo di BeBeez).
In precedenza anche Carlyle insieme ai suoi coinvestitori Man GLG e Stellex Capital, riuniti nell’Ad Hoc Group (AHG), cioé il gruppo di obbligazionisti che detiene il 54% del bond di Officine Maccaferri da 190 milioni di euro, aveva presentato un’offerta per il salvataggio di SECI, complementare a quella per la controllata Officine Maccaferri. Quell’offerta però non era stata accettata e Carlyle e soci si sono quindi concentrati soltanto su Officine Maccaferri e a inizio dicembre hanno vinto l’asta indetta dal Tribunale di Bologna per rilevare il 100% della società (si veda altro articolo di BeBeez).
Ora, invece, si legge nella nota di SECI, “dopo approfondita analisi delle 3 proposte selezionate tra quelle pervenute, ovvero le proposte provenienti dai fondi Apollo, Taconic ed Europa Investimenti, il Cda di SECI, nell’ottica della miglior convenienza per i creditori e della tutela dell’occupazione dei dipendenti, ha ritenuto di procedere con il piano elaborato da SECI e supportato dall’offerta di Europa Investimenti. Tale scelta consente di massimizzare i potenziali ritorni dei creditori chirografari per i quali la percentuale di recupero in arco di piano può arrivare a superare il 24%”.
RIcordiamo che SECI è gravata da un debito complessivo lordo di circa 750 milioni, di cui circa 500 milioni sono debiti finanziari, tra banche e 90 milioni di euro di bond.
Sui contenuti della proposta di Europa Investimenti non è trapelato nulla di più, ma è immaginabile che preveda il mantenimento della famiglia Maccaferri nell’azionariato della holding e l’immissione di nuova finanza oltre alla vendita di asset, con quest’ultima che era già prevista dal piano al quale stava lavorando SECI in autonomia e che si fondava appunto sui flussi di cassa derivanti dalla vendita di specifici asset nel corso degli anni, in parte già avvenuta e che ha già portato circa 50 milioni di euro nelle casse delle società (si veda altro articolo di BeBeez). Alla fine del piano di concordato, cioé entro il 2025, i proventi delle vendite di asset potrebbero salire a 80 milioni di euro. Oltre a questi proventi, poi, il piano conterebbe anche sui dividendi della ricca controllata Manifatture Sigaro Toscano.
A proposito delle dismissioni, la nota di SECI conclude: “Il Consiglio di Amministrazione, pur nella totale consapevolezza della difficoltà della fase che sta attraversando il Gruppo Industriale Maccaferri, esprime soddisfazione per i risultati positivi ottenuti con le dismissioni sinora realizzate che, oltre ad aver salvaguardato i livelli occupazionali delle aziende, hanno consentito di poter procedere a depositare un Piano in autonomia prevedendo condizioni migliorative per i creditori rispetto a qualsiasi offerta pervenuta”.
In tema di dismissioni, ricordiamo che SECI, sotto la guida del nuovo amministratore delegato Giacinto Sarubbi, ha già ceduto una serie di controllate. Agripower, specializzata nella gestione e manutenzione di impianti a biogas, è stata venduta a inizio ottobre 2020 al Gruppo A2A attraverso la controllata Linea Group Holding per 10,1 milioni, prezzo molto superiore alla base d’asta (si veda altro articolo di BeBeez). A fine gennaio 2021 si è invece conclusa l’asta per la vendita di asset della controllata Sadam spa, tutti aggiudicati alla società immobiliare romana Gibbi srl per un totale di 2,6 milioni di euro. In particolare Gibbi ha comprato: il 100% di Naturalia Ingredients, società con sede in provincia di Trapani, specializzata nell’estrazione degli zuccheri dalla frutta, in particolare fruttosio e destrosio d’uva, che ha un fatturato di 8 milioni di euro e 18 dipendenti, pagando un milione di euro e impegnandosi a rimborsare 900 mila euro di debito di Naturalia verso Sadam; l’ex sito saccarifero di Castiglion Fiorentino (Arezzo) per 1,4 milioni di euro, rispetto a una base d’asta di 800 mila euro; e l’ex sito saccarifero di Villasor (Cagliari), aggiudicato per 156mila euro. Naturalia e gli altri asset erano stati messi in vendita lo scorso novembre 2020, così come il 50,1% di S.Solar (si veda altro articolo di BeBeez). Quest’ultima detiene 9 impianti fotovoltaici, tra cui quelli a servizio degli stabilimenti Manifatture Sigaro Toscano (Lucca), Zuccherificio di San Quirico (Parma) e Samp di Bentivoglio (Bologna), con il 49,9% del capitale che nel 2016 era stato acquisito da Vam Investments per 6 milioni di euro parte in aumento di capitale e parte in finanziamento soci. Sempre a fine gennaio la quota di S.Solar in mano a Seci è stata ceduta per 5,9 milioni di euro, cioé 200 mila euro in più rispetto alla base d’asta, ma non è stato reso noto il nome dell’acquirente. Infine, sempre in occasione della medesima asta, è stata ceduta anche la piccola società energetica Eva, titolare di un impianto eolico in Basilicata, che aveva una base d’asta di 250mila euro, è stata rilevata per 450mila euro. Anche in questo caso non è stato reso noto il nome dell’acquirente.
Seci starebbe valutando ora la cessione di alcuni immobili di proprietà di Seci Real Estate, tra cui il gioiello è il polo logistico di Roma nord, dove Amazon ha costruito il maggiore polo logistico del Centrosud. Resta da definire la cessione di Powercrop, specializzata in impianti di produzione di energia elettrica da biomasse, ex joint venture paritetica tra Enel e Maccaferri, di cui F2i sgr aveva acquisito il 50% in portafoglio a Enel nel luglio 2018 (si veda altro articolo di BeBeez). Proprio F2i sarebbe ora in trattative per rilevare l’altro 50% di Powercrop in capo a SECI Energia.
Non è invece prevista la vendita di Manifatture Sigaro Toscano (MST), in quanto come detto importante generatore di cassa. SECI detiene oggi circa il 51% di Manifatture Sigaro Toscano (il 3,98% direttamente e il 46,1% attraverso SECI Lux 2 sa, ex SECI Lux 2 sarl). Il restante 49% fa capo a Piero Gnudi (ex ministro nel governo Monti ed ex presidente dell’Enel, al 14,25% attraverso Antelao spa), Luca Montezemolo (ex numero 1 della Ferrari, al 14,31% attraverso MCG holding srl), Aurelio Regina (al 10,25% attraverso Comunimpresa srl), Francesco Valli (al 10,25% attraverso Aragorn Value Leadership srl), Banco BPM (3,98%) e Matteo Tamburini (noto commercialista bolognese dello studio Gnudi, allo 0,8%). Nell’ottobre 2020 si era parlato di un possibile acquisto della holding da parte di Gnudi e Montezemolo, che hanno però smentito l’indiscrezione (si veda altro articolo di BeBeez).
Ricordiamo che il bond di SECI, da 90 milioni di euro, era stato emesso in due tranche, una da 70 milioni a gennaio 2019 e l’altra da 20 milioni nel marzo successivo ed ha tra le garanzie proprio il pegno sul 46,1% delle azioni di Manifatture Sigaro Toscano (MST). L’operazione era stata condotta allora per spostare in mani amiche il pegno sul 46,1% delle azioni di SECI sino a quel momento in capo a Credit Suisse. I bond pagano una cedola annua del 6% annuo più il 2,5% PIK, cioé da corrispondersi alla scadenza nel 2023 ed erano stati sottoscritti inizialmente da tutti gli azionisti di MST, cioé allora MCG holding, Comimpresa, Antelao, Aragorn Value Leadership e, per SECI, da Gaetano Maccaferri (si veda altro articolo di BeBeez).
A oggi, in base al verbale della recente assemblea degli obbligazionisti del bond, che ha scelto un nuovo rappresentante dei bondholder nella persona di Romano Conti, al posto del dimissionario Mario Stefano Luigi Ravaccia, il bond è in portafoglio per 30 milioni di euro ad Antelao, per 30 milioni al fondo GI Global Investment Limited, per 15 milioni a Comunimpresa, per 5 milioni ad Aragorn Value Leadership e per 10 milioni a IMAC srl. Non figura quindi più Gaetano Maccaferri che inizialmente era titolare di 10 milioni di euro di bond. Si dice che Manifattura Sigaro Toscano valga attorno ai 200 milioni di euro (si veda altro articolo di BeBeez). La società ha chiuso il 2019 con 106,4 milioni di euro di ricavi, un ebitda di 34,7 milioni e un utile netto di 21,3 milioni, a fronte di un debito finanziario netto di 51,4 milioni (si veda qui l’analisi Leanus).
Quanto a Europa Investimenti, la società italiana specializzata in operazioni di restructuring, parte del gruppo Arrow Global dal 2018 (si veda altro articolo di BeBeez), è contemporaneamente impegnata in questi giorni nel tentativo di salvataggio di CIN (Compagnia Italiana di Navigazione), la good company nata dalla privatizzazione dell’ex compagnia di traghetti statale Tirrenia, dal 2015 sotto il controllo esclusivo di Moby spa, holding dell’armatore Vincenzo Onorato.
Ricordiamo infatti che lo scorso 30 marzo, Moby aveva diffuso una nota in cui precisava che, a proposito di CIN, il gruppo “conferma la sua intenzione di presentare un accordo di ristrutturazione del debito sulla base dell’art. 182-bis della Legge Fallimentare, anche alla luce degli accordi già sottoscritti con circa il 95% dei fornitori (che non equivale al 95% dell’esposizione debitoria, ndr) e grazie alla partnership con l’investitore Europa Investimenti/Arrow Global”. Il gruppo specificava inoltre che il deposito dell’istanza di omologa per CIN “è rinviato di alcuni giorni per concludere le trattative con Tirrenia in Amministrazione Straordinaria” (si veda altro articolo di BeBeez). Il problema, però, è che a inizio maggio il Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) ha sì autorizzato la stipulazione dell’accordo di ristrutturazione del debito, ma in una forma che a dire di CIN è diversa dall’originale e che CIN non vuole accettare (si veda altro articolo di BeBeez). Quindi tutto è ancora in sospeso, ma con la spada di Damocle rappresentata dal fatto che al Tribunale di Milano il prossimo 24 maggio è prevista l’udienza per decidere sull’istanza di fallimento per CIN depositata lo scorso aprile dalla Procura di Milano, tramite il pm Roberto Fontana. La richiesta di fallimento era stata avanzata in quanto CIN non ha raggiunto l’accordo di ristrutturazione del debito (art. 182 bis della legge fallimentare) con il 60% dei creditori, per cui non ha presentato il promesso piano di concordato alla scadenza prefissata (si veda altro articolo di BeBeez).